Spagnoli, prestateci le parole – Primi giorni di vita ispanica

Ormai ho quasi raggiunto le due settimane di vita spagnola: yeee! A Siviglia fa troppo caldo e contemporaneamente troppo freddo: lo sbalzo termico mi ha inflitto un raffreddore che dura ormai da dieci giorni. Vabbé, ok, sarà anche l’età…

Non è la prima volta che vengo in Spagna e vivo la vida loca (alla Ricky Martin), però per i primi tre giorni ho avuto dei mal di testa incredibili, dovuti al fatto che: no bella mia, non puoi parlare italiano, sforzati di esprimerti in un’altra lingua! Avendo studiato neurolinguistica, riconosco la meraviglia che compie il nostro cervello quando smettiamo di pensare nella nostra lingua e cominciamo a parlare a ruota libera in un’altra lingua: il bilinguismo è bellissimo ma ti procura l’emicrania.

Non che noi italiani non siamo abituati al bilinguismo ma vorrei evitare di addentrarmi in argomenti di sociolinguistica con buona pace del professor Berruto e compagnia. Per cui oggi vi parlerò della gioia che provo nell’utilizzo di alcune parole spagnole.

La lingua italiana è piena di prestiti linguistici e calchi. Con “prestito linguistico” ci si riferisce a parole, strutture sintattiche o fonemi provenienti da un’altro codice linguistico, che sono entrati nella nostra lingua attraverso il contatto tra culture diverse. Il “calco” è un tipo di prestito utile per colmare lacune lessicali dato che consiste nel coniare parole nuove utilizzando le strutture della lingua di provenienza.

Vabbé, facciamo qualche esempio: per i prestiti posso citare il francesismo crème caramel o l’ispanismo flamenco. Si tratta di interferenze che dipendono da fattori culturali: prima del maremoto dell’Oceano Indiano avvenuto nel 2004, ad esempio, non si conosceva il termine giapponese tsunami, ormai noto in tutto il mondo. Il calco è invece una sorta di “riciclo” della parola straniera: la parola “pallacanestro”, ad esempio, è un calco di basket-ball, ciò che viene chiamato calco strutturale; il calco semantico però è quello più diffuso: quando “salviamo” qualcosa sull’hard disk abbiamo calcato la parola to save dall’inglese.

Ma abbandoniamo il “momento Piero Angela” e parliamo della gioia che provo nell’utilizzare alcune parole spagnole che spiccano per efficienza ed economia linguistica!

Desayunar e ducharse, ad esempio! Due verbi bellissimi che significano “fare colazione” e “farsi la doccia”. In italiano ci “facciamo” la doccia, in francese “prendono” la doccia (prendre une douche), in inglese “hanno” la doccia (to have a shower). Gli spagnoli invece sono avanti: hanno riflessivizzato il verbo e lo hanno reso funzionale!

Anche in italiano vorrei sentire “Oh, ragà, vado a docciarmi”. A dire il vero, io lo utilizzo sempre, risparmiando così ben due sillabe! Ma ne risparmio di più quando dico “colaziono”. Desayunar in effetti si tradurrebbe letteralmente con “colazionare”, loro hanno “colazione” + “colazionare”: è una cosa fantastica! Perché noi italiani possiamo dire “io pranzo” e “io ceno” e non possiamo dire “io colaziono”?

Per cui ho voluto scrivere un post che fa cagare, su questo blog che fa cagare, per far partire una campagna di acquisizione linguistica di queste due bellissime e utilissime parole. La lingua è ciò che un parlante ne fa, e si evolve per prestigio. Usate queste parole anche voi e fatemi sapere!