Non datemi della puttana! Parole come trappole

Ok, titolo pretenzioso ma efficace. Si parla di parole e società. Puttana ci sarai tu!

C’è questo vecchio detto siculo sulla femmina puttana, che a me francamente ha sempre fatto ridere:

si a fimmina annaca l’anca o è buttana o picca ci manca.¹

Essì, dai, è divertente.

Ma la fimmina buttana era, forse, giustificabile – ma non comunque accettabile – negli anni prima delle nostre nonne con le gonne nere lunghe e il capo coperto dai merletti. La società le voleva così.
L’emancipazione sta nelle parole? No, non sto parlando della guerra tra sindaco e sindaca ma proprio di quell’epiteto avvilente: puttana.

Qualunque donna che abbia tradito, lasciato, usato il suo corpo come meglio credeva, fatto cose poco comuni o che abbia solo tentato di emanciparsi, è stata chiamata “puttana”.
Il linguaggio influenza il pensiero e viceversa? Non entriamo in questioni neurolinguistiche, ché altrimenti non ne esco più.

Quante volte noi donne ci siamo guardate con l’amica fidata, indicando quella ragazza che il sabato sera passeggia in centro con gonna corta in paillettes e tacchi a spillo? Guilty. L’ho fatto. Ma io che ci posso fare se quando gli dei distribuivano il buon gusto quella ragazza era a fare la fila per il firma-copie con Gigi d’Alessio? Perché se vedi una donna vestita in quel modo in discoteca magari ne apprezzi l’outfit ma se la vedi una serata tranquilla a passeggio, la noti, ecco. Comunque, da donna, non mi sognerei mai di darle della puttana/zoccola/troia eccetera. Penso solo sia degradante voler mostrare in quella maniera il suo corpo in un ambiente non adeguato. Non fraintendetemi, non è per generalizzare. Ci vorrebbe il contesto, la storia della ragazza, la situazione e le motivazioni. Del resto, che ne sappiamo noi, se quella ragazza stesse solo raggiungendo la sua auto per andare ad una festa? O se si fosse vestita sexy per fare una sorpresa al suo ragazzo che non vedeva da un anno. O se ancora – vaffanculo – avesse comprato il giorno stesso quel vestito strafigo e volesse fargli fare un giro!

Jd, puttanella

Talè chiddra com’è vistuta? Pari na bbuttana!² L’ho sentito dire. Sia a ragazze che ragazzi.

Magari detto per scherzo. Ma comunque detto. E anche tra noi donne, quando sfoderiamo i nostri migliori make up tra le nostre amiche, ci chiamiamo “puttanella mia”. Goliardicamente. Un gioco, però, che alimenta uno stereotipo sociale e culturale.

Non credo che un uomo pensi davvero ciò di una ragazza in gonna corta, sicuramente si sta solo abbassando al gioco piatto e machista del “fare il figo” con l’amico. Vecchio modello comportamentale.
Come la società vede le donne? Tutte puttane? Una donna forte, indipendente, che sa quello che vuole è una stronza, una puttana, mentre un uomo così, beh, è semplicemente un uomo.

L’uomo non deve chiedere, mai. E la donna, s’avi a stari muta. Perché, poi? Per denigrare ciò che ci spaventa? Cacciare le streghe? Roba da medioevo. Ma è possibile che il linguaggio sia ancora così vecchio?

Usando un determinato linguaggio l’uomo costringe se stesso in uno stereotipo machista che non gli fa onore. Si appiattisce in un discorso straripante di pregiudizi. Costruisce una gabbia culturale e ci si chiuse dentro!
Dev’essere proprio l’uomo che, per primo, si deve liberare da questa gabbia linguistica concettuale. Uomini, siate più indulgenti con voi stessi! E smettetela di insultare quelle zoccole delle vostre madri! Quelle buttane delle vostre sorelle!

¹Se la donna cammina ondeggiando i fianchi molto probabilmente è una puttana.
²Guarda quella ragazza com’è vestita? Sembra una puttana!

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