Riempire il cassetto: oggi un mese di vita in Spagna

Cioè, in pratica dallo scorso 19 luglio la mia vita è cambiata: finita una relazione di cinque anni, appena chiusa la telefonata (sì, la telefonata), la mia mente è corsa involontariamente ma automaticamente ad un unico e solo pensiero: mi trasferisco per un po’ in Spagna.

Y loca de horizonte,
mezcla en su vino
lo amargo de Don Juan
y lo perfecto de Dioniso.

Sevilla para herir.
¡Siempre Sevilla para herir!

Scriveva Federico (Garcìa Lorca). Chi ha già letto i post precedenti, soprattutto “La suerte nunca se olvida“, sarà già al corrente del legame che ho con questa città. Ci misi piede per la prima volta nel lontano 2008: una ragazzetta Erasmus che non riusciva a trovare casa.

Fin dal primo addio a Siviglia, tutte le volte mi ripromettevo che non sarebbe stato “per sempre”. Da quando me ne andai quella prima volta, ogni anno ritornavo. E ogni anno me ne sono andata. Quest’anno non me ne voglio andare: voglio restare qua, a Siviglia.

E ormai è passato un mese! Un mese di Hola vs Hasta luego, che graziosamente si traducono col nostro polivalente “ciao”. Un mese di carta fedeltà del supermercato Dìa. Un mese di birra Cruzcampo. Un mese di fare la fila per salire sull’autobus.

A seguire, gli aggiornamenti (divisi per sezioni tipo oroscopo di Paolo Fox).

Vita sociale

A parte passare dei bellissimi momenti con la mia amica de toda la vidaMarìa, che fa la Tortilla migliore di tutta la Spagna, vivo col mio coinquilino, anche lui compañero de toda la vida, Guillermo, che magari non leggerà questo post o magari sì (capendo una mazza) e, da cacacazzi che si rispetti, avrà sicuramente qualcosa da ridire. Ma a noi “ci piace” così! Ogni giorno, tanto perché non abbiamo di meglio da fare (a parte rendere omaggio al mio nuovo account Netflix) ci fermiamo a riflettere sul “choque” culturale Italia vs Spagna. Si perché checché ne diciate, non è vero che spagnoli e italiani: la stessa cosa (col gesto dei due indici che sbattono paralleli l’uno contro l’altro).

Qualche giorno fa mi faceva riflettere sull’espressione “buona notte“. Qui esistono il Buenos Dìas (al plurale, tra l’altro, che poi boh) valido per il giorno, Buenas Tarde, che tradotto sarebbe tipo “Buona Sera” ma che usano per il pomeriggio, e Buenas Noches, ossia “buona notte”, che usano per la sera e per la notte. E qui inizia il rincoglionimento. Quando mi chiedono “Che fai questa tarde?” Io rispondo che ceno e mi guardo un film. E loro con la faccia stranita,  tipo come quando un palermitano sul bus vede un concittadino obliterare il biglietto, pensano che io sia pazza a cenare alle 5 del pomeriggio. Sì, pomeriggio. E la comunicazione va a puttane. Ergo la domanda è: perché la nostra notte comincia dopo mezzanotte se la mezzanotte è “mezza” notte. E l’altra mezza? La mezza di prima?

Quindi sì, ho passato un mese a farmi pippe mentali di questo tipo.

Lavoro

Mi lamentavo che in Italia la maggior parte degli hotel ai quali mandavo il curriculum non mi cagava di striscio, infatti solo alcuni mi rispondevano che “no, non assumiamo” o che avrebbero “tenuto in considerazione la mia candidatura in caso di future assunzioni” (dall’Hotel dove ho lavorato a Torino, per dire, mi hanno chiamato dopo un anno), quando qui a Siviglia non rispondono manco per il ca**BIIIIP. La mail con l’attachment del tuo curriculum sudato e tradotto con l’ausilio di un autoctono è la mail di Schrödinger: tra il limbo dello spam e la speranza dell’archivio “cv” che ogni receptionist ha sul proprio desktop. Ma comunque sto lavorando, anche se ancora non ho un contratto definito, in un’agenzia turistica di escursioni in città. E insomma, per chi mi conosce sa che è ciò che mi riesce meglio (un ringraziamento particolare a chi mi ha formato in questo senso, ché così di fame non muoro).

Amore

Qui tutti ma proprio tutti usano la app “Tinder“. E ho detto tutto. Dopo varie pressioni sociali, ho installato anche io questa cagata: non immaginate le porcate. Altro che Sarahah! Qui c’è gente con nome e cognome, con foto di muscoli allo specchio, con tagli di capelli improbabili e nomi da serie Narcos. Non ce la posso fare.

Ma vi starete chiedendo (eh, come no?) il perché del titolo del post “riempire il cassetto“. Il mio cassetto conteneva da sempre un sogno: quello di trasferirmi in questa bellissima città ma non altrettanto che lei (cit. solo per veri intenditori, se l’avete capita vi stimo). Solo che io quel cassetto lo sto riempiendo di roba. Il trasloco è stato il primo passo. Il secondo è stato, naturalmente, comprarmi una scheda telefonica spagnola, per cui entro nella tienda (che non è una struttura da campeggio ma il negozio) e faccio “hola tìo, dammi la scheda più scrausa e meno cara che esiste in tutta la Spagna: non mi servono né messaggi né internet ché ho un cellulare tarocco comprato a 10€ al mercato nero”. E la mia compagnia telefonica si chiama “Repùblica Movil” che a quanto pare la utilizzano solo la madre di quello che l’ha fondata e il fondatore stesso per mandarsi i messaggini (a parte me, naturalmente). Ma ok. Il numero mi serve solo per NON ricevere le chiamate dagli alberghi e strutture ricettive alle quali ho mandato il curriculum.

Dopo il cellulare ho pensato alla panza. E non parlo di cibo ma di panza panza: siccome la prima settimana mi sono sfondata di prelibatezze come se non ci fosse una prova costume, ho deciso di iscrivermi in palestra. Quindi ho fatto un’iscrizione fighissima che in pratica con 35€ puoi fare tutti i corsi e usare tutti gli attrezzi che vuoi e la piscina della palestra è inclusa nonché la struttura super attrezzata e quasi ti regalano la coperta a uncinetto fatta a mano dalla madre del proprietario! Quindi faccio Zumba tutti i giorni, con la sola differenza che qui la gente capisce cosa dicono i testi delle canzoni: poverini!

Step successivo: la mobilità. Dato che ormai Torino mi aveva viziato con i suoi bellissimi servizi di car sharing, decido di cercare lo stesso servizio anche qui a Sivilglia. Il primo al quale mi sono abbonata è stato Muving, il moto sharing della città, che mette a disposizione delle bellissime moto elettriche giallo canarino che andrebbero prese e lasciate nei parcheggi per moto e invece si trovano per strada parcheggiate alla cazzo di cane. Ma comunque ancora non ho avuto modo di provare il servizio perché, a quanto pare, non arrivo a toccare terra coi piedi. E quindi mi sento bassa, molto bassa e la mia autostima ne risente. Fanculo! Il car sharing invece l’ho provato. Ho ancora l’app Car2Go che usavo a Torino con quelle cavolo di Smart col cambio automatico che mi facevano sentire la mancanza della mia cara frizione, ma Car2Go in Spagna si è fermata a Madrid, non è riuscita nella conquista dell’Andalusia. Qui c’è questo servizio che si chiama BlueMove dove l’auto la prendi al parcheggio stabilito, la prenoti per un tot di ore e la rilasci allo stesso punto in cui l’hai presa. Che potrebbe essere comodo ma anche no, perché anche io vorrei lasciarla in un loco “x” alla cazzo di cane: #einvece. La mia prima esperienza con BlueMove si è tradotta nello stare ferma circa 40 minuti alla gasolinera (er benzinaro) a tentar di fare rifornimento perché la carta di credito in dotazione dava errore. Morale della favola: ho dovuto mettere io 20€ di benzina, e fu subito momento “papà mi presti la macchina, ci metto la grana – Scusi mi fa 20€?”. Il servizio che invece sto utilizzando di più è quello del bike sharing, Sevici, consolidato servizio pubblico che offre ai ciclisti di città delle bici più pesanti del culo di un ciccione spiaggiato sul divano la domenica pomeriggio, no che dico, più pesanti dei discorsi da ubriaco del vostro amico nerd fissato con i complotti, che se ti allontani dalla pista ciclabile anche solo per accorciare di due minuti il tragitto, il tuo coccige bestemmia in turco perché le strade sono tutte “maronate” coi ladrillos (qui una foto del disagio). Ma comunque, anche a piedi ci si muove bene, eh.

Oltre alla panza ho pensato anche alla gola. E no, neanche qui parliamo di cibo: ho deciso di prendere lezioni di canto. Dato che sono sicula tutti pensano che io “muta sugnu“, e invece no, io voglio cantare. Rafa è il mio maestro di canto. Un mostro, un fenomeno dell’ugola, mi arrizzano le carni, come dicono in Spagna, ogni volta che spara qualche nota vocale (che non sono quelle odiosissime e lunghissime di whatsapp). La prima lezione, durata un’ora e mezza, l’ho passata stesa sul divano a fare esercizi di respirazione mentre Rafa mi fissava le tette. Trattasi non di abuso sessuale, checché ne possano dire tutte le possibili testate giornalistiche interessate, ma di controllo del diaframma. Poi mi ha chiesto “cantami qualcosa” e siccome non mi veniva in mente niente da cantare me ne esco con la brillante idea del “ti canto l’ultima canzone che ho cantato oggi” che era stato sotto la doccia. E così si è sorbito dieci minuti a ripetizione di “che bella cosa, na jurnata e’ sole“. Mischino.

Poi che altro… ah, ho fatto due lampade al viso, ché qui va di moda, ho conosciuto dal vivo gente contattata su internet, sto evitando di mangiare nei ristoranti turistici (quindi niente Coloniales, che se solo penso al solomillo al roque mi viene da piangere), ho pure le amiche della palestra, Viqui e Viqui (pure comodo così almeno non sbaglio i nomi), ho avuto una settimana di shopping sfrenato (ma non preoccupatevi, è passata), mi hanno rilasciato il NIE (numero di identificazione per stranieri, che ti serve pure se vuoi cagare in un cesso del comune) senza alcun problema (bastava far vedere che c’avevo la grana per campare) e nell’appartamento in cui vivo ho un telefono a parete tipo Stranger Things. Cosa voglio di più dalla vita?

Mi sono resa conto che questo post è troppo lungo. Esticazzi. Per favore, fatemi sapere cosa ne pensate dell’espressione “buona notte” che Guillermo ci tiene a saperlo, non ci dorme la notte (la seconda metà).