Ritorno in Matria (cit.*) – Volver a Sevilla

Dopo una manciata di mesi passati nella terra dei Ciclopi, dei cannoli e di Battiato (sì, accostamenti azzardati) sono finalmente tornata a Siviglia! Bella, la tierra hispánica, piena di tori, prosciutti e sole. In realtà solo di tori e prosciutti visto che è da una settimana che sono qua e ha piovuto non dico tutti i giorni ma quasi. Sfatiamo ‘sta leggenda che a Siviglia non piove mai! E i sivigliani sono tutti ‘mpapá (empapados, trad. siciliano: assammarati. Trad. ita: bagnati fino all’osso).

Dunque, il ritorno in senso metafisico è stato molto bello, quello in senso fisico una merda. Essendo io una povera isolana e non potendo usufruire di voli diretti per la Penisola Iberica, mi sono ritrovata nella spiacevole situazione di dover prendere due aerei con doppio scalo carpiato e di aver avuto cancellato un volo. La Rayanair, compagnia di noi poveracci che prendiamo gli autobus del cielo, si è dimostrata inaffidabile e ottima alleata nell’arte dell’invenzione di bestemmie rare.

Primo volo (Trapani Birgi – Terra di Mordor, in provincia di Bergamo) affrontato con sonno e preghiere ai santi, visto l’atterraggio di merda e le perturbazioni violente. Arrivo in aeroporto con le mie mille mila valigie (ché devo affrontare l’ennesimo trasloco, mica fare le vacanze!) e comincio a cercare un posticino caldo e spazioso per ingannare il tempo e far passare le successive quattro ore di attesa fino al successivo volo (Mordor – Fantàsia, Andalucia, dove la nebbia sembra il Nulla che divora tutto). Mi accomodo sulle panchine gelate e una ragazza sarda, seduta di fianco a me, carinamente mi informa che tantissimi voli sono stati cancellati causa mal tempo. Comincio a sentire le goccioline di sudore lungo la schiena. Le voci all’interfono si accavallarono come in un fantomatico “Giovanna D’Arco due: la vendetta”, e annunciarono di autobus sostitutivi per Napoli, Bari, Cracovia. Chi cazzo va da Bergamo a Cracovia in autobus!? Eppure c’era gente che aveva prenotato le vacanze e che pur di non rinunciarvi si è accollata 14 ore di strada.

Comincio a temere il peggio, il sonno non aiutava, tuttavia il mio volo era comunque previsto per le 17:00, senza scazzi e mazzi. Imbarco la casa…ehm volevo dire i bagagli, passo i controlli e salgo nell’area departures in tempo per mettermi in coda. Sullo schermo appare delayed (ritardo). Comincio a sentire prurito al cul*. Prima 10 minuti, poi 20, poi 30, poi 40, poi tutto ad un tratto lo schermo si oscura e appare una sola scritta: “CANCELLED”. Panico. E ora che cazzo faccio? Nessuno ci dice niente. Non c’era un operatore, un dipendente, manco uno spazzino! Senza indugiare ritorno indietro e aspetto i bagagli imbarcati perdendo almeno altri 40 minuti. Stavolta prendo un carrello per trasportare tutto, e mi metto in coda al banco informazioni. C’è da dire che quando succedono cose di questo tipo, la fila al banco informazioni potrebbe essere usata per condurre studi psico-antropologici di sorta. La tizia – santa subito –mi dà due possibilità: andare alla biglietteria e cambiare volo oppure rinunciare al cambio volo chiedendo il rimborso e arrangiandomi con altri mezzi per raggiungere la meta. Non sapeva, però, che io non appartenevo alle terre del nord, ma alle terre più a sud e purtroppo mi ritrovavo in quella spiacevole posizione di stallo. Un po’ come quando Aldo si arena nella roccia friabile e non può né scendere né salire, né scendere e né salire! Dovevo assolutamente risolvere la situazione in fretta perché già mi sentivo come Tom Hanks in quel film, Terminal. Cerco sul sito della Rayanair qualche volo per cambiare il mio e scopro che il primo volo utile uguale al mio era previsto per il 5 novembre (eravamo al 29 ottobre). Altro panico. Mi dirigo alla fila per la biglietteria e prendo il numero: il 501. Servivano il 212. In quel momento desiderai ardentemente un Tardis. Al carajo todo! Mi butto a terra, apro le valigie, imbandisco pane e mortazza e accendo il pc. Primo volo utile un Bologna-Siviglia tra 3 giorni che proprio nel momento in cui contavo quanti giorni di b&b avrei dovuto prenotare, svanisce davanti ai miei occhi. Decido di cambiare meta e trovo un Bergamo-Madrid che sarebbe partito tra 2 giorni. Clicco subito su “cambia volo” per evitare che mi fregassero anche quello! Strategie da compratori su aste di E-Bay, scansatevi! E così sarei partita all’alba del giorno 31 per giungere nella terra in cui lavano i marciapiedi col mocio (ma quella è un’altra storia).

Rassegnatomi al fatto che quella sera non avrei cenato con tortilla, mi rendo conto che mi trovavo sola, in un aeroporto, al freddo e al gelo come coso, come si chiamava, e non avevo cenato. Altra fila al banco informazioni – ormai la tizia mi chiamava per nome – per chiedere cosa ne sarebbe stato di me. Mi informano che, se avessi voluto, mi avrebbero pagato un hotel per quella notte. E secondo loro non avrei voluto? Mi mettono in lista e mi comunicano che avrebbero chiamato all’interfono quando l’hotel fosse stato prenotato e fosse disponibile un trasporto privato per raggiungerlo. Ovviamente c’era altra gente nelle mie stesse condizioni accalcata al banco informazioni. Fu creata, dunque, la lista e ci fu comunicato che “non dovete allontanarvi, perché non sappiamo quando il trasporto sarà pronto, restate a portata di orecchio per ulteriori informazioni”. A quel punto avrei voluto avere una maglietta con stampata la frase “E se devo andare al cesso come faccio?” ma mi accorgo che tale frase era stampata sulle facce di tutti i presenti, per cui “l’unione fa la forza” e faccio amicizia con due signore anche loro orfane del volo Bergamo-Siviglia. Ogni sigaretta fumata fuori era da infarto e per andare al bagno sgomitavamo e facevamo i nostri bisogni in frettissima per paura di perdere comunicazioni importanti. Inutilmente. Mi appuntai alla lista alle 19:00, ci fecero salire su un bus che ci avrebbe portati in hotel alle ore 23:30. E ringrazia!

Lo chef, molto probabilmente bestemmiando, ci fece trovare la cena servita a mezzanotte. Tempo di una doccia e mi metto a letto all’una di notte, senza sapere né dove cazzo fossi né cosa avrei fatto il giorno dopo: se rimanevo in hotel, se tornavo in aeroporto e soprattutto come, visto che non ci avevano comunicato niente riguardo ad un autobus di ritorno. Da receptionist, decido di rompere i coglioni al portiere notturno chiedendogli info riguardo le abitudini dell’aeroporto di Bergamo. Mi comunica che “in generale” mandano un bus alle 4 di notte e un altro alle 8:30. Altrimenti potevo prendere un autobus cittadino fino alla stazione e da lì un altro fino all’aeroporto. Lo avrei fatto, per poter dormire un po’ di più, ma solo se non avessi avuto circa 60 Kg di roba appresso! Decido di andare a nanna e mettere la sveglia per le 7, così avrei fatto colazione e preso il bus. Avendo dormito solo circa 6 orette, l’indomani scendo in sala colazioni con la faccia da ebete, chiedendo al receptionist del turno di mattina notizie dei trasporti. Mi informa che era passato un bus alle 4 e uno alle 6 e che non erano più previsti autobus per la giornata. Bene! Ci hanno lasciato qua! Ma complimenti! Bravi! Bravi! E chi ne sapeva niente! Sono passati ad orari del tutto casuali e soprattutto senza comunicare alcunché! Mi dispero e affogo la mia disperazione nel caffellatte bollente, consapevole che avrei dovuto prendere un taxi spendendo 60€. Tornando indietro, per puro caso scopro che sul desk ricevimento hanno affisso un avviso: “Autobus per Orio al Serio ore 8.15”. Per puro caso, per purissimo caso, scopro che avevo a disposizione 15 minuti di tempo per fare i bagagli e tornare in aeroporto! Se non fossi tornata nella hall, mi sarei rimessa a nanna in quella confortevole camera da letto su quel letto da me tanto agognato. E me lo ricorderò per tutta la vita, visto che non ho dormito per le successive 34 ore.

Il mio volo per Madrid sarebbe partito l’indomani alle 6 circa del mattino. Avrei dovuto impiegare un’intera giornata e un’intera nottata. Arrivata in aeroporto decido che forse, e dico forse, era il caso di lasciare i miei bagagli al deposito bagagli. Ovviamente ho passato l’intera giornata al centro commerciale, al calduccio, coi servizi puliti e l’area fumatori. Alle 10:00 avevo già bevuto tre cappuccini in tre bar differenti, cercando di non restare sempre nella stessa zona. Mi urgeva decidere il mezzo più comodo per andare da Madrid a Siviglia. Così prenoto un autobus alla modica cifra di 25€, accorgendomi solo dopo che avrei potuto portare un solo misero bagaglio. Seeeeeeeeh! Chiamo l’ufficio a Madrid e, dopo aver speso 14€ in telefonata mi dicono che non posso portare altri bagagli o, al massimo avrei dovuto fatturarli all’arrivo in stazione ma – attenzione – solo se ci fosse stato posto! Vabbè, annullo l’acquisto e vado di treno. Su Renfe – il nostro Trenitalia – trovo un Ave (treno veloce che ci impiega solo 2 ore) alla modica cifra di 80€. Sperando che, un giorno, Ryanair mi risarcisse i danni fisici, morali e pecuniari, acquisto il biglietto e mi metto al sicuro. Il tutto, buttata su una panchina del centro commerciale, col pc sulle gambe e l’ansia della batteria che si stava scaricando. Decido che è arrivato il momento di trovare una sistemazione più comoda e, soprattutto, un posto dove caricare computer e cellulare. Erano le 11:40 e l’unico posto con tavolini e prese elettriche era la zona lunch del supermercato. Avreste dovuto vedere la faccia dell’impiegata quando le ho ordinato pollo e patate al forno alle 11:40 del mattino! Sono rimasta a quel tavolo fino alle 15:00 cercando qualcosa da fare fino a quando poi la vescica ha chiamato e ho dovuto smontare il mio baracchino. Per impiegare il tempo avevo pure pensato di andare al cinema! Ma poi il servizio di deposito bagagli chiudeva e non avrei potuto prendere la miriade di roba che mi ero portata.

Ho passato la sera e la notte col culo appiccicato ad una panchina di ferro, scomoda e gelata, dell’aeroporto: Orio al Serio ormai non ha più segreti per me! Finalmente si fecero le 4 del mattino ed era arrivato il momento di imbarcare i bagagli – di nuovo. Imbarco, colazione – ormai non contavo più i caffè e cappuccini ingollati in quei giorni – e fila peri controlli. Memore della brutta esperienza mi assaliva il terrore stando in coda ma per fortuna tutto è andato come doveva andare, ci imbarchiamo, decolliamo e atterriamo. A Madrid. Credo che l’aeroporto di Madrid abbia un codice postale a parte perché è enorme, inutilmente enorme, dispersivo e nessuno è cordiale con chi chiede informazioni! Un tassista mi voleva fregare, un ncc mi voleva fregare, la metro era un casino, gli autobus pieni. MIIIIIII CHE MINGHIA DI AEROPOOORTOOOO! Prendo un taxi che mi avrebbe portato alla stazione e, parlando con l’autista gli racconto delle mie disavventure. Le sue parole furono: “Poverina, fai troppa pena”. Eh, anche i tassisti provano pietà.

La stazione di Madrid è, anch’essa, inutilmente enorme. Passo i controlli e mi metto a sbirciare i tabelloni con gli orari dei treni per vedere se avevano già assegnato il binario, quando lo vedo: “Tren Suprimido”. Quel giorno c’era sciopero dei treni – mi hanno pure intervistato alla radio, tra l’altro. No! Di nuovo! Ancora mezzi di trasporto e corse cancellate! La sfiga mi perseguitava! Il treno soppresso era quello precedente al mio, per fortuna avevo prenotato quello dopo! Fino all’ultimo non si sapeva se sarebbe partito o meno. Che ansia! Alla fine, una voce all’interfono annuncia il binario. Immaginate un mare di gente che inizia a spintonare e mettersi in coda per prendere il treno. Io avevo una missione: entrare subito nella carrozza per posizionare in modo smart le mie valigie: ché se avessi dovuto sollevarle, mi sarei spaccata la schiena! Corro, sudo, sgomito e impreco ma ce la faccio! Le due ore passano tra un succo di frutta, un panino, una vecchia seduta di fronte a me che si faceva i selfie e un paesaggio squallido. En un lugar de la mancha de cuyo nombre no quiero acordarme…

Treno arrivato a Siviglia in orario. Piove. Finalmente, dopo un volo cancellato, dopo due giorni e 34 ore di non sonno, metto piede a Siviglia. Il ritorno alla vita andalusa e la ricerca della casa, nel prossimo post.

 

*La cit. è del Capa.